Anche se non ne ho avuto occasione di parlarne, ho sempre amato il Giappone e mi sono sempre documentato su di esso, fin da bambino. Risale a quando facevo le scuole medie la mia prima ricerca su questo Paese.
Almeno la metà della motivazione per cui ci sono andato risiedeva nella possibilità di vedere la città di Hiroshima.
Dopo quello che è stato fatto a Hiroshima, ho sempre nutrito una particolare simpatia per questa città e anche subito un certo fascino. Fascino dovuto soprattutto a come si sono saputi riprendere i giapponesi da quella immane catastrofe.
Ho letto di tutto e di più su quei tristi avvenimenti, dal progetto Manhattan alla missione del 509° Composite Bomb Group, dallo sgancio di quella (e) bomba maledetta agli effetti clinici, e alle conseguenze sull’uomo e sull’ambiente e la ricostruzione.
Esattamente un mese fa arrivammo ad Hiroshima partendo da Kyoto – la seconda città in cui abbiamo fatto dimora – e siamo arrivati là col famoso treno ad alta velocità
Shinkansen, il loro “Freccia Rossa”, per intenderci. Dopo un’ora e tre quarti e 361 Km percorsi, arriviamo là.
Ero emozionatissimo, avevo visto migliaia di volte in foto questa remota città e mai avrei pensato di potervi mettere piede, un giorno.
Solo mia moglie sapeva ciò che provavo, gli altri del gruppo, ragazzi più giovani, erano giustamente spensierati .
Finalmente arriviamo proprio nel giardino del
Gembaku Dome, cioè di quello che resta del Palazzo del Commercio con l’Estero, quel palazzo scheletrito tristemente noto, l’unico rimasto di allora e che resistette alla forza d’urto della deflagrazione.
Mi ha fatto piacere e mi ha commosso vedere una scolaresca, schierata davanti questo memoriale, cantare una canzone per la pace e celebrare la ricorrenza che ogni mese si tiene qui. I giapponesi tengono molto ad insegnare le lezioni del passato alle loro generazioni in erba e a far conoscere l’importanza dei valori della pace.
Il rudere ha subìto lo stretto necessario di interventi per evitare che col tempo implodesse lentamente e quindi reca intatto tutto il messaggio di quello che è stato.
Quello però che mi ha toccato di più è stato il giardino della pace, in cui spicca il monumento a Sadako Sasaki, la bambina-martire, simbolo di tutti i bambini di Hiroshima periti nella tragedia subito, o a distanza di anni.
Di fronte ci sono dei gazebo con tutti origami fatti dai bambini, ad imitazione e ricordo della povera Sadako, tutti inneggianti alla pace, di una bellezza commovente.
Davanti questi gazebo abbiamo casualmente incontrato una scolaresca di una scuola inglese: ciò ci ha permesso di scambiare qualche parola di solidarietà e di affetto coi ragazzi, in quanto i giapponesi parlano poco l’inglese e pochissimi lo conoscono, cosa veramente strana, dato che oggi sono molto “americanizzati” e stante la loro elevata cultura media.
Dietro c’è il parco con un monumento e la fiaccola della pace, che verrà spenta quando nel mondo non ci saranno più ordigni nucleari (=e cioè mai).
Infine, in mezzo ad un bel prato, veramente grande, c’è il Memorial, una sorta di costruzione orizzontale stile anni 60, che ricorda vagamente un autogrill dell’epoca.
Lì c’è tutta la storia di Hiroshima, dagli anni 30 ad oggi. Oltre a toccanti foto, ci sono decine di cimeli, i modelli delle due bombe atomiche, e – in particolare – una ricostruzione animata tridimensionale di ciò che accadde quel mattino del 6 Agosto 1945: è terribile.
Alcune foto non si possono guardare, ovvero fanno molto male.
I giapponesi hanno comunque ammesso il loro errore, l’attacco proditorio a Pearl Harbor, condannano l’uso degli ordigni nucleari ma, soprattutto denunciano la stupidità e l’inutilità di ogni guerra. Sono un popolo pacifista (*) e insegnano/tramandano questi valori imparati a proprie spese ai posteri.
Vi confesso che dentro mi è rimasto lo sgomento al pensiero di tutte quelle povere vittime innocenti – e non solo giapponesi ma di dovunque – specie donne e bambini, spazzati via a decine di migliaia per gli errori di pochissimi. Sarebbe bello se prima o poi imparassimo questa lezione.
(*)purtroppo ultimamente, Shinzo Abe e qualche ministro della loro destra hanno farneticato un ritorno all’atomica, sia pure solo come deterrente/difesa da ingombranti vicini come Cina e Corea del Nord, visto che quell’Idiota di Trump denuncia il Giappone di pagare poco per essere protetto: come se fosse poco che stanno loro sulle balle da settant’anni, dopo averli praticamente ridotti a loro colonia con la più grande presenza militare nel mondo fra i suoi alleati. Ricordo che Okinawa è stata “restituita” alla sovranità giapponese solo nel 1972!
Edited by Spitfire63 - 14/5/2018, 08:18